Dal 1 ottobre al 6 novembre 2022
1 ottobre / 6 novembre 2022
Inaugurazione 1 ottobre 16.00 > 20.00
Lo Studio Museo Felice Casorati a Pavarolo inaugura la stagione espositiva autunnale con la mostra DE RERUM NATURA che presenta le opere di tre artiste internazionali: Antonietta Raphael (Kaunas, 1895 – Roma, 1975), Kiki Smith (Norimberga, 1954), Cindy Sherman (Glen Ridge, 1954),
Opening sabato 1 ottobre dalle 16.00 alle 20.00 e dal 2 ottobre per tutti i sabati e le domeniche con orario 15.00 > 18.30
L’esposizione è realizzata grazie alla collaborazione con la Collezione Giuseppe Iannaccone, Milano, dal Comune di Pavarolo con il coordinamento di Francesca Solero e curata dall’Archivio Casorati.
All’interno dello Studio museo Felice Casorati, si snoda un itinerario che racconta la storia di tre artiste donne, appartenenti ad epoche differenti, che hanno esse stesse storie differenti, ma che raccontano nella maniera più autentica tutto ciò che accomuna l’uomo al suo legame profondo e congenito con la terra, le radici, la natura. Il nostro viaggio inizia con un’opera magistrale dell’artista Antonietta Raphael (Kaunas, 29 luglio 1895 – Roma, 5 settembre 1975) titolata Autoritratto scrivendo una lettera a Mario, del 1942. “Ogni dipinto della Raphaël è uno specchio sul quale la pittrice si china per vederci riflessa la propria immagine” scriveva nel 1970 Alberto Moravia. Lo specchio allude all’attitudine di Antonietta Raphaël a trasformare la pratica artistica in uno strumento di indagine sul proprio mondo interiore, evocando dimensioni oniriche che vedono protagonista la figura femminile. Il suo arrivo a Roma nel 1925 è segnato dall’incontro con Mario Mafai, compagno di vita ma anche imprescindibile interlocutore per il costante confronto tra i due artisti: sin dai primi anni della loro relazione, i due si osservano e si rispecchiano nelle opere e nei rispettivi sguardi, mettendo in scena un dialogo affascinante che vive nei loro scambi epistolari e nei reciproci ritratti. Attraverso gli autoritratti, che segnano tutta la sua produzione, Antonietta si autorappresenta come donna, madre e artista, mettendo al centro della propria opera il tema dell’identità proprio attraverso il racconto di se stessa. Il quadro ci racconta di un momento intimo, raccolto ed intenso. La femminilità ricorre come concetto-chiave nell’opera dell’artista, che più volte nei suoi scritti accomuna la donna a Dio per il privilegio di “creare qualcosa dal nulla”. L’immagine di una donna forte, emancipata, profondamente libera, di quella libertà sincera, capace di mostrare anche le proprie fragilità, le proprie inquietudini, e i propri momenti di riflessione, ci conducono alla seconda artista presente in mostra, non a caso un’altra donna. Vengono esposti alcuni dei lavori più affascinanti e indubbiamente più importanti dell’artista Kiki Smith (Norimberga, 1954). Natura e cultura, intelletto e corpo, bellezza e transitorietà sono le condizioni dell’essere umano che Kiki Smith esamina nel suo lavoro. Rivela la fragilità del corpo mentre esplora le relazioni dell’individuo con gli animali e l’ambiente. Ci troviamo di fronte ad una donna guerriera, una donna amazzone, nuda, elegante ma al contempo sfacciata. La foresta, a cui l’artista dedica il titolo dell’opera più grande, non è solo intesa come la foresta in senso di ambiente circostante. La foresta è una condizione del nostro intelletto. Nella nostra mente ci perdiamo come fossimo smarriti in una foresta. Ci guardiamo intorno, cerchiamo la nostra strada. Cerchiamo risposte, cerchiamo una via, senza accorgerci, che la strada giusta è proprio quella della continua ricerca, la strada giusta è la fusione, la connessione tra noi e ciò che ci circonda. La foresta è un luogo della mente che dovremmo accogliere, accettare, cullare. La foresta e il mondo animale sono il nostro istinto, le nostre ancestrali paure. Perché negarle? La selva oscura, fin da sempre allegoria del peccato, non è altro che l’angoscia profonda che ci pervade quando ci troviamo di fronte a noi stessi. Privi di sovrastrutture. Tutto ciò che è vero spaventa, nulla di ciò che è finto può spaventare. Queste opere esaltano la sacralità della foresta intesa come nostra foresta interiore. In ultimo, possiamo vedere uno dei lavori più famosi dell’artista Cindy Sherman (Glen Ridge, 1954). L’opera, titolata Untitled #38, del 1979 fa parte della celeberrima serie “Untitled Film Stills”. Si tratta di una suite di 70 fotografie in bianco e nero realizzate nel corso di tre anni in cui l’artista ha posato nei panni di vari personaggi femminili di film, tra cui l’ingenua, la lavoratrice, la vampira e la solitaria casalinga. Fotografando se stessa in tali ruoli, Cindy Sherman si inserisce in un dialogo sui ritratti stereotipati delle donne. Per l’artista, infatti, l’ambiguità è importante. Non mira a ricreare scene specifiche o immediatamente riconoscibili, ma invece utilizza il linguaggio del corpo per rappresentare tutto ciò che è indefinito. In quest’opera la donna protagonista dello scatto è immersa nella natura, sembra spostarsi quasi come a volerci indicare la curiosità ancestrale che spinge il nostro progredire nella vita. La donna sembra perdersi, forse proprio per ritrovarsi. Lungo tutto il percorso della mostra, si snoda un inaspettato itinerario che porta lo spettatore a guardare ad osservare dentro di se il richiamo alla natura, alla veridicità, al coraggio di essere autentici, privi di sovrastrutture, in un luogo dove non serve forzatamente essere altro se non se stessi, travolti da uno spazio in cui è importante unicamente “stare”.
Ufficio Stampa Mostra DE RERUM NATURA: Danilo Ruggiero danilo.untitled.association@gmail.com
Dal 7 maggio al 26 giugno 2022
Enzo Obiso il lato umano delle cose
A cura di Angela Madesani
Artista: Enzo Obiso
Pavarolo: inaugurazione 07 e 08. 05. 2022 > 26. 06. 2022 / h.15
Casorati, il Comitato Scientifico Studio Museo Casorati, presieduto da Francesco Poli, l’Associazione Plug IN, con il coordinamento della Sindaca Laura Martini, promuove e presenta, nella stagione primaverile 2022, il progetto espositivo “Il lato umano delle cose”, a cura di Angela Madesani, all’interno del Museo Studio Felice Casorati, di Casa Casorati e nei vari luoghi riconvertiti a spazi espositivi, presenti nel borgo di Pavarolo, nella borgata San Defendente e in quello di Bardassano (Emporium Project).
Enzo Obiso, fotografo di fama internazionale, presenta un nuovo progetto espositivo, in linea con le mostre realizzate a Pavarolo negli ultimi anni che hanno mantenuto vivo il dialogo tra la memoria dei luoghi, in cui ha vissuto e lavorato Felice Casorati, e gli artisti contemporanei invitati ad esporre.
Nello Studio Museo verranno esposte opere realizzate nel 2013 nello studio di Francesco Casorati in via Mazzini a Torino e in diversi periodi del passato all’interno di quei luoghi casoratiani intrisi di un’atmosfera magica, ferma nel tempo, che sembra racchiudere echi, vibrazioni e segreti del Maestro di chi li ha vissuti e ci ha lavorato, dalla moglie Daphne al figlio Francesco.
“Con le foto di Obiso non ci troviamo di fronte a panoramiche dello studio, a foto di interni, piuttosto a sguardi privati, alle forbici antiche poste in tutta la loro maestà su un tavolo da lavoro, agli strumenti ordinati per l’incisione, …” (dal testo critico di Angela Madesani)
Negli altri spazi dislocati nei borghi verranno esposti diversi focus selezionati nel vasto repertorio iconografico di Obiso: “E quindi le altre immagini sempre cariche di rimandi, di storie, di memoria personale e dei luoghi, che si tratti di Cuba, di Gubbio o di un paesaggio innevato posto su un paravento che richiama l’antica cultura giapponese. Ma anche paesaggi italiani, talvolta notturni, colti nella loro semplicità strutturale. La fotografia di Obiso è priva di trucchi, di qualsivoglia sensazionalismo. Le sue immagini esigono il tempo dell’ascolto, dell’osservazione ponderata. In esse non vi sono pregiudiziali di matrice tecnica, tutto è legato allo scopo da raggiungere. Il virtuosismo non gli appartiene. Lo strumento fotografico è ciò che gli permette di raggiungere il risultato auspicato.” (dal testo critico di Angela Madesani)
Si realizza così una continuità poetica che si snoda lungo tutto il percorso della mostra, la cui caratteristica più significativa e interessante risiede nella mancanza di una scelta precisa fra l’opzione paesaggistica e quella umana, il che equivale a sottolineare come, nell’attuale scavalcamento dei generi, le due tendenze nient’altro sono se non le due facce di una medesima medaglia, un modo diretto e spontaneo di guardare alla realtà, a tutta la realtà, a tutte le poliedriche e infinite forme del suo apparire, con l’unico scopo di approfondire il rapporto dialettico che lega l’uomo e il suo mondo interiore alla storia e alla natura e al lato umano delle cose.