DA OTTOBRE 2016 A GIUGNO 2017
Felice Casorati Opere grafiche a cura di Francesco Poli
“…Sarebbe un errore trascurare, come sovente è stato fatto, l’opera grafica di Casorati; o considerarla come secondaria nella sua attività. Il posto che essa occupa all’interno della carriera dell’artista non è lo stesso di molti altri aspetti: la scultura, la scenografia, il disegno di ammobigliamento, il progetto di architettura (…) aspetti legati ad occasioni esterne, anche se insostituibili per definire compiutamente la sua figura…”.
È bene partire da questa considerazione di Luigi Carluccio, autore dell’unico testo (Felice Casorati. Opera grafica, Torino 1965) che cerca di inquadrare criticamente nel suo insieme le realizzazioni grafiche del pittore, non limitandosi ad analizzare con molta attenzione soltanto le acqueforti e puntesecche degli anni’10 (certamente di cruciale importanza), ma anche la produzione successiva, sia quella litografica più consistente, sia in particolare quella caratterizzata anche da originali sperimentazioni.
L’opera grafica, scrive Carluccio, ha una sua continuità di sviluppo: non è un semplice corollario, o nota a margine, rispetto alla pittura ma può essere vista come un percorso parallelo. Secondo lui le incisioni rivelano una “curiosità irrequieta”, “gli scatti, gli impennamenti, le digressioni di Casorati” e “mostrano i movimenti eterodossi che bisogna accogliere nei loro esiti immediati” perché non sono mai “condizioni ultimative poste alla progressione coerente dell’opera dell’artista, ma rendono visibile il desiderio latente di divagazione, di evasione, di assestamento, di controllo”.
Si fa qui riferimento da un lato a una certa vena illustrativa (per la verità sempre molto controllata) presente nella prima fase simbolista e che si ritrova più tardi nelle cartelle di litografie dedicate a testi letterari (realizzate su committenza); e dall’altro lato soprattutto al sempre vivo interesse per tecniche sperimentali di stampa messe in atto utilizzando strumenti e materiali inconsueti, una pratica a cui l’artista si dedica in particolare nel secondo dopoguerra, per ricercare inediti effetti di texure grafica, eventualmente utili anche per la pittura.
Carluccio pensa che la corrispondenza fra grafica e pittura si accentui nei momenti di crisi, e cioè quando emergono “i primi fenomeni di una modificazione sensibile delle sue intuizioni plastiche”. Quello che è certo è che la corrispondenza emerge con maggiore evidenza quando Casorati tende a far prevalere nella sua pittura configurazioni più piatte e una linearità più accentuata e cloisonnée.
In ogni caso bisogna dire che per lui la pratica incisoria per quanto significativa non ha più avuto dopo il periodo simbolista un peso determinante nell’elaborazione e definizione degli elementi chiave del suo linguaggio pittorico, che dal punto di vista grafico si basa innanzitutto sulla straordinaria capacità di mettere a fuoco le idee compositive attraverso i suoi disegni caratterizzati da una mirabile sintesi lineare, allo stesso tempo configurazioni bidimensionali di superficie e indicazioni di visioni scorciate.
Casorati ha realizzato, soprattutto negli anni ’20, dei magnifici disegni (anche vere e proprie opere finite) evidenziando i valori plastici delle figure e la spazialità ambientale, ma la sua vera invenzione è la geniale “linearizzazione” delle figure in posa con raffinatissime deformazioni espressive, che sono tratti peculiari del suo inconfondibile stile. E questa linearizzazione vale anche per i contesti in cui le figure sono inserite (spazi interni, soprattutto il suo studio, o fondali di paesaggi).
È interessante notare che per enfatizzare queste soluzioni lineari, per dare loro una valenza più nitidamente sospesa, il pittore ha anche utilizzato per molti disegni dei procedimenti di ricalco, e cioè ha ricalcato dei suoi stessi disegni su altri fogli bianchi, tracciando solo gli elementi lineari che più gli interessavano. Un modo di operare che ha un qualche rapporto con le tecniche calcografiche. Ma il collegamento con queste ultime è più stretto in altre forme di intervento. Si tratta dei disegni graffiti con una punta metallica su fondi preparati con stesure cromatiche uniformi (soprattutto nere) o talvolta su lastre di lavagna. E soprattutto dei monotipi, o “controprove”, e cioè dei disegni (fatti con tracce di segni umide) che vengono impressi su un altro foglio producendo la stessa immagine speculare ma con un effetto più morbido e svaporato. Per questa procedura, con cui si stampano solo esemplari unici, si possono usare vari supporti base come fogli di carta, cartoncini, lastrine metalliche o di vetro (utilizzate per esempio anche da Picasso).
Oltre a ciò, tra le forme grafiche sperimentali elaborate nel dopoguerra vanno ricordate i “papirocalchi” (termine coniato dall’artista), cartoncini e mattonelle di creta dura con segni incisi, e specialmente le “gipsografie”, spesse lastre in gesso scavate lasciando in superficie solo gli elementi della composizione, esattamente come nelle xilografie e linoleumgrafie, ma con la differenza che le matrici in gesso sono molto più tenere e facilmente lavorabili.
Questo genere di ricerca era per Casorati una forma di divertissement (Carluccio) anche se seriamente intrapreso. L’artista non era molto interessato alla moltiplicazione delle immagini, alla completezza delle tirature, e molto spesso si limitava a fare solo qualche prova di stampa delle matrici, per verificare i risultati degli effetti voluti.
Nel suo insieme la produzione grafica dell’artista forma un corpus di oltre centocinquanta opere, che comprende da un lato le prove sperimentali e dall’altro le incisioni calcografiche (acqueforti, acquetinte, puntesecche, xilo e linoleumgrafie) e le litografie di cui ci sono tirature accertate e “ufficiali”. C’è un inventario messo a punto dall’Archivio Felice Casorati (e c’è anche una catalogazione accurata, la cui completezza è però tutta da verificare, redatta molti anni fa da Angelo Dragone e rimasta inedita).
In linea di massima, come si è già accennato, si può dire che la fase più importante della ricerca incisoria di Casorati (quella in cui questa pratica ha un’essenziale connessione con la sua pittura e scultura) si sviluppa nel clima simbolista secessionista degli anni ’10, quando abitava a Verona e frequentava Venezia. Su queste opere grafiche non mancano approfondite analisi storico-critiche di vari studiosi.
A proposito di questa fase, emblematico è l’impegno dell’artista per “La Via Lattea”. Si tratta di una piccola rivista veronese uscita in soli due numeri (più un opuscolo di presentazione) nell’agosto e settembre 1914. Casorati fa parte del comitato di redazione. Questa pubblicazione in formato quadrotto, di elegante grafica in stile secessionista, con testi letterari, poetici e immagini, viene presentata con una dichiarazione di poetica che esalta il mistero della rivelazione artistica in una dimensione di mistico simbolismo estetizzante. Sulla rivista Casorati pubblica, oltre a quella del frontespizio una serie di incisioni indipendenti dai testi: Donna tra i fiori, Purezza, Eva che si specchia nel laghetto, Salomè, Illustrazione: città (o Visione), una xilografia pubblicata anche su “L’Eroica”. Queste incisioni e altre come La Vecchia, Via Lattea, Due figure e città, Donna, Allegoria, Adamo ed Eva, Il sonno, Rabbino, L’abbraccio, realizzate dal 1912 al 1914 segnano l’adesione dell’artista al linguaggio della grafica, strettamente legato ai valori lineari e decorativi dello Jugendstil, e funzionale a un processo di “purificazione” e semplificazione stilistica.
Scrive Zeno Birolli (in Felice Casorati. Opera grafica, L. De Tullio Ed., Milano 1966): “L’incisione diventa allora il mezzo più idoneo e libero per la ricerca di soluzioni nuove e si può credere che Casorati le abbia in buona parte eseguite contemporaneamente, se non prima degli stessi dipinti”.
La linearità esile e la sintetica stilizzazione di queste figure può essere messa in rapporto, oltre che con i secessionisti viennesi, per esempio con le figure allungate di Jan Toorop o con i disegni di Adolfo Wildt (anche Oppi in quel periodo fa cose simili). Riviste come “Ver Sacrum” e in Italia “Emporium” erano le principali fonti di informazione.
Per quello che riguarda in particolare la xilografia, significativa è la collaborazione di Casorati con “L’Eroica” diretta da Cozzani. Sul numero del marzo 1915 vengono pubblicate Visione, Il sonno, La luce. Intorno alla rivista si forma un gruppo per il rinnovamento della xilografia (tra cui Viani, Marussig, Disertori, e anche Arturo Martini), con cui Casorati espone nel 1915 alla “Mostra nazionale dell’incisione” di Milano, e nella sala de “L’eroica” alla III Secessione romana, dove l’artista è anche presente con una sala individuale.
Nei primi anni del dopoguerra, a Torino, Casorati smette di incidere, salvo qualche lavoro estemporaneo come le illustrazioni xilografiche per due libri per bambini (M.Buzzacchini, Giocherello. Racconto fantastico; e S.Baganzani, Lucciole, grilli, barbagianni, Ed. Alpes, Milano 1921). Si tratta di un distacco legato al rigetto complessivo del suo periodo simbolista.
La produzione grafica riprende con una certa continuità dalla fine del decennio in poi. Tra le prove più interessanti degli
anni ’30 si possono ricordare alcune acqueforti come Nudo nel paesaggio (1930) o Cupido (1937), e soprattutto delle notevoli xilografie e linoleumgrafie, come per esempio Nudo nello studio (1931), Il commiato (1931) e Deposizione (1938), caratterizzate da spessi tratti espressivi che l’artista sembra utilizzare quasi come contrappunto alla sua più tipica raffinatezza lineare.
La tecnica che per Casorati è la meno legata a interessi sperimentali è senza dubbio la litografia, nella misura in cui gli permette di intervenire sulle matrici in pietra (o anche di zinco) con le matite grasse con una fluidità analoga a quella di un disegno normale. E in effetti la gran parte delle litografie casoratiane sono delle configurazioni che si sviluppano con semplici linee e eventualmente con tratteggi per le ombre. Raramente con più di un colore.
Nel 1913 Casorati già aveva presentato alcune litografie nella mostra degli artisti a Ca’ Pesaro (La Vecchia, Mattino, Nevicata, La casa di San Floriano), e ne aveva realizzate altre negli anni fra le due guerre, ma la produzione litografica più ampia viene sviluppata dopo il ’45. Si tratta sia di opere singole sia, in particolare, di edizioni su committenza come le illustrazioni per Le Grazie di Ugo Foscolo (Ed. Il Bibliofilo, 1946), per I Vangeli (Ed. Neri Pozza, 1950), e per il Cantique des colonnes di Paul Valéry (Ed. Rai-TV, 1959), e la cartella Dieci litografie di Felice Casorati, più nota col titolo Numerus, mensura, Pondus (Ed. Il Bibliofilo,1946).
Le tre immagini che illustrano il poemetto, dedicato da Foscolo a Antonio Canova, sono quanto mai casoratiane: un nudino sdraiato, una figura seduta e addormentata su un tavolo, e un gruppo di tre volti che emergono eterei nel bianco del foglio. Qui sembrano risuonare visivamente i versi del poeta: “…belle vergini! A voi chieggo l’arcana/armoniosa melodia pittrice della vostra beltà…”
Tra i quattro evangelisti, che sono rappresentati in modo tradizionale con i loro simboli (l’angelo per Matteo, il leone per Marco, il bove per Luca e l’aquila per Giovanni), il più curioso è Luca, di cui Casorati evidenzia soprattutto il ruolo di protettore degli artisti, mostrando in primo piano l’icona della Madonna, e inserendolo in un ambiente che è lo studio del pittore con varie tele sullo sfondo.
Le sei litografie per il Cantico di Valéry sono senza dubbio le più belle e originali, anche perché il poeta francese era tra i più amati dall’artista, tanto che si può ipotizzare che sia stato proprio lui a suggerire quel testo al committente (l’edizione era connessa a una manifestazione culturale Francia-Italia). La poesia di Valéry, che rievoca un’alba risplendente in Grecia davanti alle colone di un tempio antico, è una raffinata e immaginifica meditazione umanistica sull’armonia spirituale, che prende forma a partire da suggestioni legate all’architettura, alla matematica e alla danza. Una poesia certamente molto vicina alla sensibilità estetica del pittore, che ne trae direttamente ispirazione per le sue immagini.
Se si guardano le litografie si percepiscono riferimenti abbastanza puntuali a certi versi. Per esempio: “Filles des nombre d’or/ Fortes de lois du ciel, /Sur nous tombe et s’endort/ Un dieu couleur miel”. Oppure: “Un temple sur les yeux / Noirs pour l’éternité : Nous allons sans les dieux /À la divinité”.
Di particolare interesse è la resa per così dire granulata sia dei contorni lineari sia degli sfondi, che a differenza delle altre litografie, nascono da un’elaborazione non consueta. Per realizzare queste matrici (sicuramente per almeno due) Casorati ha messo in atto un procedimento in due fasi. La prima è la realizzazione della composizione su una lastra di gesso, con la tecnica “gipsografica” a incavo. Successivamente l’immagine è stata stampata su un supporto e quest’ultima è stata a sua volta stampata sulla lastra litografica di zinco, e poi ulteriormente elaborata e perfezionata. Nello studio esistono due lastre di gesso con le configurazioni (in parte incomplete e un po’ diverse) di due delle immagini litografiche. Vale la pena precisare questi aspetti tecnici perché danno un’ulteriore indicazione sulla libertà sperimentale che contraddistingue la grafica casoratiana.
L’edizione grafica più articolata, e probabilmente la più conosciuta, è quella che ha nel frontespizio l’immagine di una mano appoggiata su un foglio su cui si legge il motto “Numerus, Mensura, Pondus”, sintesi perfetta dell’ideale artistico di Casorati. Questo disegno litografico, se lo si guarda bene, appare ironicamente intrigante perché sul foglio con le tre parole emerge anche il delicato volume di un piccolo seno. E allora ci si rende conto che forse si tratta di una sorta di ritaglio rettangolare proveniente da una figura di nudo, di cui si vede sola la mano appoggiata sul petto.
Le dieci litografie si presentano come una sorta di sintetica esemplificazione dei temi più tipici che l’artista ha elaborato in varie versioni e con continue variazioni nei suoi quadri. Ecco alcuni titoli: Testa in gesso, Modella, Nudo e pere, Nudo sdraiato nell’ombra, Cavallo con figure, Fanciullo nello studio.
Per inaugurare l’attività dello studio di Casorati a Pavarolo (affidato in gestione al Comune) si è pensato di proporre una mostra incentrata sulle opere litografiche, e in particolare su queste significative cartelle
Come immagine guida si è scelta, in omaggio a Pavarolo, una litografia colorata (del 1954) che rappresenta, con poetica essenzialità quel paesaggio di colline tanto amato dall’artista, un paesaggio “dell’anima” che fa da sfondo a moltissimi suoi quadri.